Racconti di gambling: Il giocatore di Fedor Dostoevskij
Trattati, novelle, saggi sulla dipendenza, su come vincere e battere il banco, sui regolamenti , sull'evoluzione dei giochi e racconti di gambling. In ogni libreria ce n'è per tutti i gusti in quanto il crescente interesse per il gioco d'azzardo ha prodotto una ricca letteratura che approfondisce tutti gli aspetti della questione. La recente uscita del libro di Max Pescatori e Dario De Toffoli ha inaugurato il filone specialistico del poker online.
Nel campo dei racconti di casino ci sono alcuni grandi classici della letteratura che più di qualunque saggio psicologico sono riusciti ad entrare nella psiche del giocatore, scavando nella mente alla ricerca delle ragioni che spingono a scommettere. Tre racconti di gambling assolutamente indispensabili per capire (e per capirsi) sono:
“Gioco all'alba” di Arthur Schnitzler"
“24 ore nella vita di una donna” di Stefan Zweig"
“Il Giocatore” di Fedor Dostoevskij"
Ci occuperemo di quest'ultimo che è ancora un libro attualissimo, soprattutto se letto con gli occhi di chi è capace di cogliere l'universale nelle cose. “Il Giocatore” è un libro del 1866 ma che descrive caratteristiche “eterne” dell'indole umana trascendendo la dimensione temporale. Il giocatore potrebbe trovarsi a Venezia, Sanremo o in qualunque casinò online. Potresti essere tu.
Dostoevskij era un gambler accanito e irresponsabile; era capace di giocare in una serata tutto ciò che possedeva. Forse al giorno d'oggi dovrebbe essere seguito da qualche psicologo o frequentare i Giocatori Anonimi, anche se ciò gli impedirebbe di produrre capolavori assoluti della letteratura. La sua straordinaria capacità di scrivere era generata anche dal senso di colpa di una pesante sconfitta. Si racconta che dopo aver perso tutto fino ad umiliarsi si mettesse a scrivere come un demonio, vittima di una sorta di piacere masochista. Trovava piacere nel senso di colpa provocato dall'atto riprovevole di rimanere al verde, di aver giocato in modo sconclusionato. L'esperienza personale di accanito giocatore, Dostoevskij la trasferisce ne “Il Giocatore” e nel suo protagonista Aleksej Ivanovic che ad un certo punto, dopo aver puntato il suo mucchio di denaro alla roulette dice: “Ho sentito un brivido di terrore corrermi per la schiena mentre mi prendeva, un tremito alle mani e ai piedi. In un attimo mi sono reso conto con terrore cosa significava per me perdere: insieme a quell’oro puntavo tutta la mia vita! “Rouge!”, ha gridato il croupier e io ho tirato un sospiro di sollievo, mentre un formicolio di fuoco mi correva per tutto il corpo”. L'emozione dell'aver messo a rischio le proprie sostanze, quindi in un certo senso anche se stessi, di restare per un giro di ruota in sospeso nel vuoto delle possibilità, produce nel giocatore una vera e propria scarica di adrenalina.
Sarebbe riduttivo pensare al gioco per denaro, per incrementare i propri guadagni. Vi ricordate il protagonista di “Gioco all'alba” che inizialmente intraprende una partita a Chemin de Fer? All'inizio si siede al tavolo per racimolare soldi per un amico, ma anche quando ne ha guadagnati ben di più di quanti ne occorrevano continua a giocare, come preso dal demone, perché ad un certo punto si gioca per giocare.
Nel romanzo di Dostoevskij, ambientato a Rulettemburg, inventata città termale sede di un frequentatissimo casinò, il protagonista, il venticinquenne Aleksej Ivanovic, fa il precettore di una strampalata famiglia di un vecchio generale della cui figliastra è innamorato. Il precettore gioca su commissione per il generale, per la figliastra e per altri personaggi che gravitano intorno alla famiglia. Aleksej, che possiamo considerare una sorta di alter ego di Dostoevskij, gioca anche perché fa parte della sua indole e l'azzardo è la metafora della sua concezione del mondo: la vita si può apprezzare solo nel momento in cui si è disposti a rischiare tutto in ogni momento.
G.L.